Gaetano Filangieri

LA SCIENZA DELLA LEGISLAZIONE - I
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non ha bisogno, come l’impostura, di comprarlo col sangue e colle
sciagure de’ mortali; se la filosofia, enunciando con intrepidezza e con
zelo le verità, mostrando agli uomini i tragici effetti della tirannia, della
superstizione, dei delirii de’ re, de’ pregiudizi de’ popoli, dell’ambizione
de’ grandi, della corruzione delle corti, se scovrendo a’ principi i loro
veri interessi, facendoli anche qualche volta arrossire de’ loro difetti,
non ha mai acceso il fuoco della discordia, non ha mai prodotto le
fazioni negli Stati, non ha mai, come l’ignoranza, impugnato il coltello
regicida; se in una parola tanto coloro che comandano, quanto coloro
che sono comandati, tutti trovano i loro veri interessi ne’ progressi
della ragione: è giusto che la scienza | della legislazione non si taccia su
d’un oggetto cosi interessante, troppo trascurato per altro ne’ nostri
codici; è giusto che essa esamini quali sieno gli ostacoli che si
oppongono a questi progressi; quale il metodo da tenersi per dissiparli;
quale la direzione che si dovrebbe dare a’ talenti; come richiamarli allo
studio della patria sotto gli auspici della libertà; come distrarli dalle
occupazioni più fastose che utili; come ottenere che le meditazioni de’
filosofi precedessero sempre le operazioni del governo, che i ministri
della Ragione preparino la strada a’ ministri de’ principi in tutto quello
che riguarda l’interesse pubblico; come servirsi del loro ministero per
disporre gli animi alle necessarie riforme, alle utili novità; come
profittare della discussione, madre feconda delle verità, discussione che
la diversità delle opinioni produce allorché l’autorità non spaventa la
penna dello scrittore e non ritarda il corso delle sue speculazioni; come
guidare tutti i talenti diversi degli uomini ad un oggetto comune; come
indurre le belle arti stesse a pagare un tributo all’utilità pubblica; come
trovare e moltiplica|re le strade per le quali si potrebbero diffondere
nelle provincie i lumi delle capitali, e si potrebbe rendere più comune il
prezioso deposito delle utili cognizioni; come ottenere finalmente che i
cittadini stessi, occupati nelle arti più subalterne, sappiano ciò che essi
debbono a dio, a loro stessi, alla famiglia, allo Stato; che essi abbiano le
vere idee dell’uomo e del cittadino e che fossero bastantemente istruiti
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