Gaetano Filangieri

LA SCIENZA DELLA LEGISLAZIONE - I
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corpo più robusto del suo. La diffidenza, l’incertezza, il timore
dovevano dunque turbare la pace di queste primitive società. Bisognava
opporvi un rimedio. Non se ne trovò che un solo. Si vidde che non si
poteva distruggere la disuguaglianza fisica senza rinunciare
all’eguaglianza morale. Si vidde che per conservarsi, e conservarsi
tranquilli, bisognava non essere indipendenti. Si vidde che bisognava
creare una forza pubblica che fosse superiore ad ogni forza privata. Si
vidde che questa forza pubblica non si poteva comporre che
dall’aggregato di tutte le forze private. Si vidde che ci era bisogno di
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una persona morale , che rappresentasse tutte | le volontà, che avesse
tra le mani tutte queste forze. Si vidde, in fine, che questa forza
pubblica doveva esser unita ad una ragione pubblica la quale,
interpretrando e sviluppando la legge naturale, fissasse i dritti, regolasse
i doveri, prescrivesse le obbligazioni di ciaschedun individuo colla
società intera e co’ membri che la componevano; che stabilisse una
norma, alla quale il cittadino adattando le sue azioni non avesse di che
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temere ; che creasse e custodisse un ordine atto a mantenere
l’equilibrio tra i bisogni di ciaschedun cittadino co’ mezzi per
soddisfarli; finalmente, che compensasse il sacrificio dell’indipendenza
e della libertà naturale coll’acquisto di tutti gl’istrumenti propri per
ottenere la conservazione e la tranquillità di coloro i quali per quest’oggetto
solo se n’erano spogliati.
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L’espressione e il concetto di «persona morale» derivano in Filangieri probabilmente da S.
Pufendorf, De iure naturae et gentium libri octo, libro I, cap. I, par. 13. Si noti che l’idea secondo cui
il governo nasce dalla «unione di tutte le forze private» attraverso una «forza generale» è
presente in Jani Vincentii Gravinae Originum juris civilis libri tres, Neapoli, Ex Typographia Felicis
Mosca, 1713, vol. II, p. 17, ripresa anche da Montesquieu.
78 Dietro queste considerazioni v’è probabilmente memoria del confronto tra due diverse
posizioni sulla funzione del timore nella formazione delle leggi naturali: quella di Montesquieu,
secondo cui il timore degli altri individui, quindi il reciproco timore, paralizza la tendenza alla
sopraffazione e porta alla convivenza pacifica, e quella di Genovesi, secondo cui il timore
reciproco in realtà divide gli uomini, mentre li riunisce socialmente, formando il consenso
comune, la comunanza del medesimo sentimento (Genovesi, Della diceosina, libro I, cap. III, §
XVII).
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