Gaetano Filangieri

LA SCIENZA DELLA LEGISLAZIONE - I
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può esser funesta alla repubblica. Le leggi debbono dunque trovare un
mezzo atto a prevenire i disordini che potrebbero nascere da questa
specie d’elezione, come fece Solone. Egli volle che l’elezione non
potesse cadere che sopra que’ cittadini che si sarebbero presentati da
loro stessi al popolo; ma quello che sarebbe stato eletto, sarebbe stato
esaminato da’ giudici, e che ogn’uno avrebbe potuto accusarlo di
esserne indegno.| L’istesso araldo, che avvisava il popolo del nome del
candidato sul quale era caduta la sorte, domandava ad alta voce: «Chi
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vuole accusarlo?» Quest’elezione partecipava nel tempo stesso de’
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vantaggi della sorte e della scelta.
Questi sono i principali oggetti che costituiscono il rapporto delle
leggi colla natura del governo democratico e queste sono le regole che
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ne derivano . Vediamo ora quello che riguarda l’aristocrazia.|
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Τíς βυλεται κατηγορε®ν; Leggasi l’orazione di Demostene De falsa legatione ed
Eschine nell’orazione contro Ctesifonte 169 .
h Da quel che si è detto, si può facilmente dedurre che una perfetta
democrazia non può aver luogo che in un picciolissimo Stato. Se la repubblica
s’ingrandisce, se dopo d’essere stata una città diventa una nazione, allora o
bisogna interamente mutare la costituzione, o bisogna ricorrere alla
rappresentazione. Ciascheduna città, ciaschedun villaggio deve nominare i
suoi rappresentanti, i quali eserciteranno il potere legislativo in nome del
popolo, che non potrebbe più unirsi come prima.
Allorché le città dell’Italia furono incorporate alla cittadinanza di Roma,
allorché i cittadini di queste città avevano anche il dritto del suffragio, il
tumulto, che dopo quest’epoca accompagnò l’elezioni e le deliberazioni
popolari, l’impossibilità di distinguere colui che aveva il dritto di dare la sua
voce da colui che non l'aveva, e tutti gli altri disordini che nacquero da questa
incorporazione, somministrarono, come si sa, a Mario, a Silla, a Pompeo, a
Cesare, l’occasione opportuna per distruggere la libertà della patria e per
rovesciare la repubblica. Vedi Appiano de bell[o] civ[ile], lib. I. Velleo Patercolo
[Historiae romanae Ad M. Vicinium libri duo], lib. 2, cap. 15, 16, 17 170 .
169 La citazione di Demostene, Sull’ambasceria, 17-18, è tratta da Montesquieu, Esprit des lois, II,
2, quella di Eschine da Potter, Archaeologiae graecae, cit., I, 11, pp. 69-70. La frase
Τíς βουλεται κατηγορε®ν è tratta da Eschine, Contro Ctesifonte, 23.
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La citazione di Appiano proviene da Historia romana, I, 87-90. L’edizione forse utilizzata da
Filangieri è Appiani Alexandrini de civilibus romanorum bellis historiarum quinque, Moguntiae, In
aedibus Ioannis Schoeffer, 1529.
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  • Page N°:94
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