LA SCIENZA DELLA LEGISLAZIONE - I
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loro particolare costituzione. Io potrei dimostrare fino all’evidenza
questa verità.
Ma questa dimostrazione sarebbe inutile. Io non scrivo per i solitari,
né per gli oscuri misantropi. Io scrivo per coloro che vivono in mezzo
alle città e che possono in ogn’istante vedere in loro stessi la vera causa
che li spinge ad agire. Ogni uno che legge può giudicarne da sé solo,
senz’aver bisogno d’altra prova. Che esamini il suo cuore, che analizzi
le sue voglie, ed allora, se avrà il coraggio, che dica che questo sistema è
erroneo. Ma come mai è possibile, mi si opporrà, che l’istesso principio
possa agire egualmente in tutte le specie de’ governi, la natura de’ quali
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è così diversa? Per distinguere
questa obbiezione basta por mente a
quello che son per dire. In ogni nazione il po|tere supremo è o tra le
mani d’un solo, o d’una certa porzione de’ cittadini, o distribuito nel
corpo intero della nazione. Relativamente a queste diverse distribuzioni
dell’autorità, si vede benissimo che tutt’i cittadini ne’ diversi governi
possono contrarre alcuni abiti e costumi diversi, e nulladimeno
proporsi tutti il medesimo oggetto, cioè a dire quello di piacere alla
potestà suprema, di rendersela favorevole, e d’ottenere con questo
mezzo qualche porzione o emanazione della sua autorità.
Il mezzo dunque è sempre l’istesso, ma gli effetti sono diversi.
L’istesso amore del potere, che in una repubblica libera e bene ordinata
rende il cittadino virtuoso e amante della patria, lo fa divenire un
mostro in un governo dispotico. Egli farà nascere nel tempo istesso un
Curzio, un Decio, un Fabio in Roma, e nell'Asia il più vile degli schiavi.
Egli farà nascere nell’istesso paese, ma in diversi tempi, in diverse
circostanze, un Cincinnato, un Papirio, un Cleandro, un Perennide ed
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un Seiano .
Premesse queste idee generali, non vi vuol molto a vedere come
tutto quello che Mon|tesquieu attribuisce a’ suoi princìpi non è infatti
che il risultato dell’amore istesso del potere considerato ne’ diversi
governi.
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N: distinguere, V: distruggere.
La fonte è sempre Livio, Ab urbe condita, VII, VIII, IX, 16 e X.
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Dettagli
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- Publication:
- Author:Gaetano Filangieri