Gaetano Filangieri

LA SCIENZA DELLA LEGISLAZIONE - I
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sempre quello che l’amore del potere li farà essere . Si appar|tiene alle
leggi il diriggere questa passione per renderla utile. Ma questa direzione
dovrà forsi essere sempre l’istessa ed uniforme in tutti i governi?
Questo non può avvenire. Siccome gli effetti di questo principio unico
ed universale variano, siccome varia la natura de’ governi ne’ quali
agisce, la direzione delle leggi deve nella maniera istessa variare. Questo
è quello che io mi affretto di esaminare con distinzione, giacché tutto
quello che finora si è detto sarebbe estraneo al mio argomento, se
dovendo parlare del rapporto delle leggi col principio che anima i
governi, io avessi potuto sviluppare le regole che derivano da questo
rapporto, senza prima determinare il principio che n’è l’ogget|to. Io
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comincio dunque dalle democrazie.
Nelle democrazie le leggi debbono lasciare al popolo l’elezione de’
suoi magistrati e de’ suoi ministri. Quest’è il miglior mezzo per rendere
in questi governi l’amore del potere una sorgente feconda di grandi
virtù e di grandi meriti. Un pubblico intero difficilmente s’inganna e si
corrompe; ma un senato può facilmente essere ingannato e corrotto.
Sono sempre infinitamente maggiori i rapporti che un cittadino può
avere co’ membri di un senato che col corpo intero della nazione.
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Io non nego che anche in que’ governi, ne’ quali l’amor del potere spinge i
cittadini al vizio, non vi possano essere alcuni uomini dabbene, che
preferiscano le occulte delizie della virtù all’ambiziosa voglia di dominare col
soccorso de’ vizi. Nel mentre che Catilina coi suoi furiosi complici
condannava a morte colui che avesse ardito di proferire da Romano il dolce
nome della patria, Tito Labieno fu un cittadino, un uomo da bene ed un eroe;
e nel mentre che Cesare sulle rovine della libertà gittava i fondamenti della più
dura tirannia, Catone parlò al popolo, Catone fuggì in Utica, Catone si uccise
colle proprie mani, per non vedere la sua patria priva della primera libertà. Ma
simili eccezioni non possono distruggere una regola generale, poiché non solo
due, ma cento cittadini da bene sono un infinitamente picciolo rapporto ad
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un pubblico intero depravato e corrotto .
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La fonte è Cicerone, Ad Atticum, VII, 11 e VIII, 2 e Velleio Patercolo, Storia romana, libro II,
cap. 55 e Cesare, De bello gallico, VII, 56-59.
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