Gaetano Filangieri

LA SCIENZA DELLA LEGISLAZIONE - I
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quello che sono stati la maggior parte dei popoli barbari, che la natura
ha fatti nascere sui lidi del mare; esse sarebbero due repubbliche
piratiche condannate a raccorre la loro sussistenza dall’ingiustizia e
dalla frode; esse sarebbero povere, perché la pirateria non ha mai
arricchito alcun popolo; esse sarebbero sempre vacillanti, perché
sempr’esposte alla giusta vendetta delle nazioni, nel mentre che oggi,
con un sistema opposto di legislazione, trasportando presso tutte le
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nazioni i tesori della | natura e delle arti e dando all’uno
il superfluo
dell’altre, esse dominano da per tutto dove vi è mare, e s’arricchiscono
col consenso de’ popoli, de’ quali accrescono la felicità moltiplicandone
i bisogni.
Ricordiamoci per poco della maniera di pensare degli antichi e
paragoniamola a quella de’ moderni politici. Platone vuole che le arti
a
non si perfezionino e che nella repubblica non ci sieno se non quelle
che sono essenzialmente necessarie per la vita. Egli rifiuta di dar le
leggi agli Arcadi ed a’ Coronesi, sapendo che questi due popoli erano
ricchi ed amanti delle ricchezze; e Focione, che vede nelle ricchezze
d’Atene la causa della sua rovina, vuole che gli artieri sieno considerati
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come schiavi e per conseguenza privi de’ dritti della cittadinanza.
Tutta la classe de’ politici e degl’istorici dell’antichità attribuiscono la
decadenza delle | nazioni alle ricchezze che vi sono penetrate e le leggi
di Licurgo, che seppero tenerle lontane dalle mura di Sparta per più
secoli, sono state da essi considerate come il capo d’opera della politica
e’l modello d’una perfetta legislazione.
a
Egli voleva che le dipinture che si consacravano ne’ tempi degli dei fossero
fatte in un solo giorno e non ne accordava che cinque agli scultori per
costruire un tumulo. Plat[one], de Repub[lica, IV, 420c-d]. Per persuadersi del
consenso degli antichi, riguardo a’ funesti effetti delle ricchezze, leggasi
Plutarco nella vita di Pericle [Plutarco, Pericle, IX, 1], e Seneca nelle sue lettere
8, 17, 20, 94 e 115 [Ad Lucilium, I, 8; II, 17, 20; XV, 94; XIX-XX, 115].
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N: all’uno, V: alle une.
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  • Page N°:137
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